Zanetti vorrebbe giocarla: “L’Inter è pronta”

Appiano Gentile, 30 maggio 2025 – In una settimana ha accumulato così tanta tensione pre-partita che gli sono tornate in mente le lunghe vigilie dei grandi eventi, quando indossava la maglia nerazzurra da calciatore e portava al braccio la fascia di capitano. “Se mi piacerebbe giocarmi questa finale? Caspita, non me lo farei ripetere due volte. Entrerei in campo di corsa...”. Ma non può Javier Zanetti, ormai è dal 18 maggio del 2014 che ha appeso gli scarpini al chiodo e della sua Inter è il vicepresidente. Il segno della continuità fra passato e presente. Un pezzo di storia del club, per i tifosi un simbolo.Beniamino per sempre.
L’ultima Champions League l’ha vinta la sua Inter quindici anni fa, l’anno del Triplete. Cosa c’era di diverso?
“La mia Inter era fortissima, ma anche questa squadra lo è perché non conquisti per caso la finale dopo aver eliminato il Bayern Monaco e il Barcellona. Se invece pensiamo ai giorni che precedono l’evento certamente noi arrivammo carichi, con l’adrenalina di chi aveva vinto scudetto e Coppa Italia, adesso il mister e i giocatori devono metabolizzare il titolo sfuggito di un nulla. Fa davvero rabbia”.
Il rammarico per quel punto dal Napoli può avere ripercussioni psicologiche?
“No, non credo. I ragazzi sono motivatissimi. Purtroppo nel finale di campionato è successo di tutto, forse la sconfitta a Bologna nel recupero è stata decisiva ma ora bisogna essere ottimisti. La squadra ci crede, sarà una partita molto equilibrata, speriamo in un lieto fine. C’è solo da elogiare questo gruppo che ha raggiunto due finali di Champions League in tre anni”.
E c’è il desiderio di riscattare la beffa di due anni fa...
“Sicuro. Già nel 2023 a Istanbul avremmo meritato noi: eravamo sfavoriti ma ci siamo arrivati davvero vicini col City. È rimasto il rimpianto per come giocammo quella partita, con coraggio e creando tante opportunità. Possiamo ripetere la stessa prestazione col Psg”.
Un rivale a volte indecifrabile: pessimo avvio in Europa, ora sembrano invincibili...
“In effetti è arrivato in finale dopo essersi salvato ai gironi per il rotto della cuffia, però tanti addetti ai lavori già un paio di mesi fa erano convinti che sarebbero arrivati sino in fondo”.
Come se lo spiega?
“Ci sono tanti meriti di Luis Enrique, mi piace molto come allenatore. Ha dovuto ricostruire un gruppo, ha rimesso tutti i giocatori a posto anche se non c’erano campioni come nelle annate di Messi, Neymar e Mbappè. Del resto, lo dice la storia: è nei momenti decisivi che una squadra diventa forte. Il gruppo del Triplete vinse la Champions proprio perché rischiò nei gironi”.
L’Inter di oggi da fuori sembra una squadra delusa dall’esito del campionato e stremata dalle fatiche della stagione. Doversi giocare tutto in una notte può pesare?
“Non credo che l’Inter sia stanca. Questa è una squadra che si diverte e gioca al calcio, ed è un piacere vederli. Ma con la mia Inter del 2010 in finale dopo l’1-0 chiudemmo la porta a chiave e gestimmo la partita. Questo sarà un aspetto fondamentale del match di Monaco”.
E’ anche vero che giocare, e anche bene, è la riprova di una mentalità sempre più europea dell’Inter di Inzaghi...
“Su questo non ci sono dubbi. Ma ci sono dei momenti in cui devi pensare solo al risultato: avete visto il Barcellona a Milano, sul 3-2 per loro erano tutti in avanti e sono usciti perché hanno voluto attaccare fino all’ultimo. Ai miei tempi gente come Piqué e Puyol non ci avrebbe fatto avvicinare alla porta...”
Molte delle speranze dell’Inter sono affidate al suo connazionale Lautaro Martinez...
“Ora sta benissimo dopo un piccolo infortunio che lo ha costretto a rallentare nelle ultime settimane. Prima della semifinale contro il Barcellona ha avuto una settimana terribile perché non sapeva se ce l’avrebbe fatta. Ma a fine partita piangeva dimostrando di avere un cuore grande e vero attaccamento alla maglia. Voleva giocare a tutti i costi, ha fatto un lavoro fantastico. E’ il nostro capitano e modello, ha una “garra“ unica”.
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